Perchè ho scelto di diventare padre. Quanto ciò che scegliamo è dettato dalle emozioni, quanto dalla ragione

Festa del papà

Cuore e mente, mente e ferro.

Fra i grandi dilemmi umani, uno in particolare rappresenta un conflitto.

Indagato e raccontato da millenni, trasposto in arte, letteratura, musica, poesia; il disaccordo tra la ragione e il sentimento, tra la logica e l’emozione, tra il pensiero analitico e la formulazione emozionale è e resta senza vincitori o vinti (almeno per ciò che riguarda la nostra specie).

Fantasticando oltre, potremmo risolvere la contesa affermando che il nostro genere ha però ineluttabilmente scelto la via dell’inquietudine.

Fra i grandi pensatori del secolo scorso, uno in particolare si interrogò su ciò che è umano e ciò che non lo è, ovvero tra noi esseri coscienti e le macchine intelligenti.

Isaac Asimov, biochimico e scrittore russo naturalizzato statunitense, produsse una serie infinita di racconti e romanzi fantascientifici incentrati su un futuro che vedeva l’umanità affiancata da intelligenze artificiali, e dalla loro maggiore incarnazione: i robot. Formulò in letteratura quelle che in campo scientifico, nel reale, sono state adottate quali guide per il consolidamento di qualunque macchina votata ad asservire l’uomo, ovvero le “tre leggi della robotica”, e produsse ulteriormente il dubbio sul confine tra coscienza umana e coscienza robotica, tra pensiero emozionale e pensiero, appunto, analitico.

Ne parlavamo con mia moglie all’ora di pranzo, seduti a tavola, fra gli sguardi fintamente distratti di nostro figlio che affondava intanto la forchetta sulla cotoletta al suo piatto e pareva invece interessatissimo al nostro dire di robot ed emozioni.
Il punto era: quanto di ciò che scegliamo è dettato dalle emozioni, quanto dalla ragione. Concludevamo che tutto il nostro agire è un riflesso emotivo, e che ciò che ammettiamo logico soltanto, in verità cela una sublimazione emotiva, se non addirittura impulsiva, carnale.

Proprio nel pensiero di scelta di mettere al mondo un figlio, di crescerlo ed educarlo, quanta logica impieghiamo e quanto stupore? E ancor prima, come e perché avremmo scelto il genitore per nostro figlio nella persona che lo incarnerà e che adesso ci è dinanzi?
Una A.I., interrogata in merito, produrrebbe una risposta negativa, perché la vita risulterebbe, a suo ben pensare, una ostilità allo stesso vivere. Forzata però a dover procreare, incrocerebbe i dati sulla ricchezza del patrimonio genetico, sul luogo e il momento della nascita, sul dato ambientale, sui fattori sociali di sviluppo, sulle prospettive di vita…

Credetemi se vi dico che smetterebbe di funzionare andando in protezione.

Questo nostro mondo è retto dal sentimento, non certo dalla ragione.

Ciò che muove il mondo non può avere la comprensione della sola nostra logica, né della logica di una macchina, di una mente di ferro. Ma ci stiamo evolvendo, trasformando il nostro mondo e il mondo che ci circonda, cercando di placare quanto più possibile la sfera emozionale a vantaggio della logica. Sceglieremo sempre meno per un sempre migliore risultato che azzeri l’errore. I nostri figli rappresenteranno il prodotto di una formula che includerà il dato del prestigio, della nostra curva economica familiare, della collocazione geografica, del tempo. La scarsa natalità in questa parte di mondo è il riflesso di una umanità sempre più legata a un pensiero artificiale; ma questa divagazione non mi compete, e la cotoletta è già finita.

Tornando invece a noi, alle nostre scelte viventi, l’idea che un figlio giunga a questo mondo, cresca e ne tragga vantaggio per tramandare ulteriormente un sapere universale, non è una idea, è un sentire; non appartiene alla ragione ma al cuore; come ogni altra scelta conseguente che ne determinerà poi il profilo, l’identità, il nome.

Abitiamo i luoghi del cuore, amiamo con gli occhi, educhiamo alla bellezza, viviamo nel fattore umano.

Nella trasposizione cinematografica di “Io, robot” del 2004 e diretta dal regista Proyas, un NS-5 posto di fronte alla scelta su chi salvare tra il protagonista Del Spooner e un bambino, sceglierà Spooner per la sola ragione che i parametri vitali di quest’ultimo lasciavano buone probabilità di salvezza, senza curarsi del fatto che l’altro fosse, appunto, solo un bambino. L’androide non aveva altra scelta che quella analitica. Il suo agire non ammetteva errori, le probabilità di portare a termine il suo compito e salvare una vita umana erano sufficienti a scartare uno o l’altro dalla condizione di pericolo. C’è riuscito, razionalmente. Ha perduto, umanamente.

Scegliete, scegliete sempre; tanto poi, sceglierete col cuore.

F.D

Il ricatto affettivo. La congiunzione ipotetica

Accade spesso che nei confronti dei bambini nasca quello che definirei, da parte dell’adulto, un “gioco di potere”.

È quel se ipotetico, quel ricatto morale o affettivo o di volontà dal quale bisogna rifuggire, fermarsi.

“Se starai buono, ti porterò al parco”, “Se farai come dico, avrai i tuoi giochi”, “Se non mi dai un bacio, non ti vorrò più bene”.

Dietro frasi come queste non emerge nessuna sana relazione affettiva.

Il ricatto emotivo nei confronti dei bambini è una forma di manipolazione che preclude ogni possibilità di scelta.

Purtroppo è una pratica molto comune impiegata quotidianamente nell’educazione di molti bambini.

La leva che muove l’ubbidienza è il senso di colpa, la minaccia, o l’ottenimento di un bene che però ha un prezzo.

Il ricatto è una forma di manipolazione che viene appresa come comportamento, e i bambini possono quindi avvalersene fin da subito o nel futuro che li aspetta. Diverrà anzi una certezza relazionare; la principale modalità d’ottenimento e l’idea che valga anche con i sentimenti.

Dire ai propri figli, attraverso i sé ipotetici, cosa fare e come farlo, riduce al minimo le loro capacità decisionali, creando le condizioni perfette affinché si ribellino e non possano raggiungere una propria indipendenza.

Il ricatto emotivo nei confronti dei bambini è una forma di manipolazione che preclude ogni possibilità di scelta. Forse ci obbediranno, ma probabilmente questa strategia ben presto perderà di efficacia e ci si ritorcerà contro, o peggio, come dicavamo prima, diverrà parte del loro percepire il mondo.

Da un ricatto difficilmente potrà nascere qualcosa di positivo; è piuttosto possibile che i bambini maturino un risentimento a cui non sapranno dare una spiegazione, destinato ad aumentare col passare del tempo.

I bambini sono in grado di capire quando qualcuno cerca di manipolarli molto prima di quanto ci piaccia credere. E a nessuno piace essere manipolato. Proprio per questo potrebbero iniziare a considerare le persone che li ricattano come una minaccia, individui con cui non vogliono avere niente a che fare perché non trasmettono loro sensazioni positive.

Questa non è la strada per un sano percorso educativo.

Ricordiamo che il motore che muove il mondo fonda sull’affettività.

Possiamo aiutare i bambini e noi stessi ad osservare il mondo partecipando in maniera attiva, raccontando loro le conseguenze delle azioni, la causa-effetto di ogni agire, anche e soprattutto quella legata alle emozioni altrui. Sperimentare fa parte del processo evolutivo dei bambini.

Aiutiamoli a comprendere da soli con la chiarezza dovuta.

“Vorrei un bacio da te, perché io e te ci vogliamo bene”.

Il coraggio di essere eroi. Empatia e legalità

I genitori sono creatori di primissime esperienze. L’influenza di tali cognizioni modellerà la mente dei propri figli, e nella medesima misura cambierà anche loro stessi in quanto, appunto, creatori.

L’apprendimento sappiamo avvenire tramite l’osservazione dei comportamenti.

Le parole, da sole, non bastano.

I bambini acquisiscono quelli che sono i nostri valori vivendo le nostre esperienze, e non semplicemente udendo ciò che diciamo loro. Osservando ogni nostra espressione, e riproponendola in modelli similari, imparano la maniera di stare al mondo.

Se desiderate che i vostri bambini crescano comprensivi e tolleranti, ad esempio, capaci di prendersi cura di sé stessi e degli altri, bisognerà che favoriate in loro lo svilupparsi di empatia. 

Come conseguire tale scopo? 


Le indicazioni tecniche possono certo essere utili ma non per questo determinanti. Ciò che occorre è che impariate prima voi, attraverso sempre differenti modelli, che possano stimolare i bambini all’apprendimento e alla successiva riproposizione.

Questi modelli, sempre vari a seconda dei contesti e dei momenti, nascono dalla capacità di essere comprensivi e indulgenti verso se stessi.

Un atteggiamento rassicurante è già un primo passo nel processo che porta i bambini a riconoscersi ed essere consapevoli. 

L’autoconsapevolezza adulta porta ad essere più responsabili nell’agire educativo. 

Ma come le nostre percezioni e la nostra conoscenza del mondo promuovono l’empatia?

Le emozioni hanno una loro sapienza.

L’educazione all’affettività (anche attraverso strumenti espressivi come la recitazione) può alimentare nei bambini la capacità di comprendere la propria vita interiore e quella altrui. Il coinvolgimento in giochi come il “far finta che” esprime e denomina le emozioni, e quale ruolo queste assumano sul comportamento.

Per capire l’altro, o ancora meglio nel “metterci nei suoi panni”, dobbiamo essere consapevoli delle nostre esperienze interiori.

Se sapremo muoverci nel nostro mondo interiore, potremo anche immaginare quello degli altri.

Il senso di appartenenza alla realtà civile e il recupero di una cittadinanza attiva, di una democrazia partecipata, non possono disgiungersi dal recupero delle proprie emozioni come capacità empatica.

Parlare ai bambini giova alla scoperta della propria interiorità, ma ciò che afferma la consapevolezza del sé è l’immagine che la accompagna. Ecco, dunque, la ricetta efficace.

Diamo un nome alle emozioni esplicitandone il significato. Creiamo esperienza.

L’entrare in sintonia con se stessi e con la realtà circostante arricchisce la nostra vita ed il mondo che viviamo.

Poter apprendere valori sociali e umani, interiorizzarli e ancora esprimerli, praticarli, porli in esempio costante affinché divengano forti abbastanza da poter divenire interferenza a quel comune consenso sociale di cui godono le organizzazioni criminali, destrutturarne i paradossi culturali del fenomeno mafioso, è la più alta forma di creazione che spetta ai genitori.

Solo chi ha imparato a non voltarsi dall’altra parte di fronte alle prepotenze, a non tacere per paura, contribuirà a modellare l’apprendimento alla morale civile, all’empatia nei confronti della giustizia e dell’onestà, e a riconoscere il merito ai grandi uomini di questa terra, uomini che sacrificarono la loro vita perché la legalità imperasse.

L’indignazione è un’emozione, e va insegnata. Contro l’indifferenza, l’indignazione è creazione di esperienza.

Indignarsi per la mancanza rispetto verso chi non ha cura di te e della strada che attraversi è un insegnamento che tutti dovrebbero esprimere e insegnare. Indignarsi è la cura all’indifferenza che non va permessa.

La promessa che faccio a mio figlio oggi è quella di renderlo un uomo libero, libero di indignarsi e lottare contro la paura che spesso dimora nell’animo umano; di essere, un giorno, egli stesso un libero creatore.

Letture consigliate 

I Colori delle emozioni – Libro

Anna Llenas
Che cos’ha combinato il mostro dei colori? 
Le emozioni: un groviglio a volte difficile da disfare . 

Considerare come giuste o sbagliate le emozioni è un errore, esse sono semplicemente emozioni.

La tristezza e la gioia, la rabbia e l’amore, possono coesistere, e sono tutte parti della collezione di esperienze emotive dei bambini. Quando aiuti il tuo bambino a capire le proprie emozioni, stai fornendo gli strumenti utili per una gestione efficace.

Questo simpatico libro pop-up ci aiuterà a collocarle, ognuna col proprio colore, nel giusto barattolino…da aprire all’occorrenza!

Adatto da 0-5 anni

Buona lettura!!

L’ABC delle emozioni. Educare alle emozioni.

L’incapacità ad esprimere emozioni tramite la verbalizzazione nei bambini, sembra essere considerata dall’adulto, una altrettanta incapacità nel provarne; come se questi, non essendo ancora maturo per esprimersi attraverso la parola, non fosse neanche in grado di poter sentire paura e rabbia, tristezza e dolore, gioia ed euforia.

I bambini sono profondamente sensibili e provano emozioni intense, già dai primi mesi di vita. Mi è capitato osservare l’estremo bisogno nell’adulto nel voler calmare a tutti i costi il pianto nel bambino, come se fosse quest’ultimo, slegato dal proprio sentire, tendendo a distrarne il bisogno espresso attraverso questa prima forma di comunicazione.

La ricerca che si è occupata di individuare il mondo emotivo dei bambini, ha ritagliato una grossa fetta di studi alla dimostrazione di come i bambini imparino a gestire in modo efficace le loro emozioni (abilità nota col termine di auto-regolazione emotiva) e come sia possibile aiutarli a sviluppare questa abilità in modo appropriato, attraverso l’alfabetizzazione emotiva. Perché ciò avvenga, bisogna che l’adulto non tema egli stesso le proprie emozioni. Da noi adulti vengono molto comunemente definite come giuste o sbagliate,esse sono semplicemente emozioni.

La tristezza e la gioia, la rabbia e l’amore, possono coesistere, e sono tutte parti della collezione di esperienze emotive dei bambini. Quando aiuti il tuo bambino a capire le proprie emozioni, stai fornendo gli strumenti utili per una gestione efficace.


( immagine dal web) 

 Ma cosa possono fare i genitori? 

1. A partire dai primi mesi, entrando in sintonia con i segnali dei bambini, con i loro suoni, le loro espressioni facciali ed i gesti. Rispondendo con sensibilità, permettiamo ai bambini di sapere che i loro sentimenti sono riconosciuti e che sono importanti per noi. Questo potrebbe significare ad esempio fermare il gioco del solletico in un bambino di quattro mesi quando questi inarca la schiena e guarda lontano, poiché sta segnalandoci il bisogno di una pausa. Portare un piccolino di nove mesi alla finestra per dire ciao alla mamma, assecondando l’attimo di tristezza nel vederla andare via a lavoro, senza pilotarne l’attenzione su altri eventi. 

2. Nominare le emozioni ed i sentimenti che riconosciamo. Dire quindi al bambino, con parole adeguate: “questa è gioia”, “questa è rabbia”, “questa è noia”. In psicologia, per sentimenti intendiamo uno stato d’animo (ovvero una condizione cognitivo-affettiva che dura più a lungo delle emozioni).

Il sentimento è quindi ciò che resta delle emozioni provate. Le emozioni quali la rabbia, la tristezza, la frustrazione e la delusione possono essere travolgenti per i bambini e determinarne i sentimenti futuri. 

Non temere le emozioni
. Le emozioni non sono il problema. E ‘quello che facciamo, o non facciamo con queste preziose risorse che può divenire problematico. Ascoltate con apertura e calma il vostro bambino quando condivide con voi sensazioni complicate. Quando chiedete al bimbo informazioni circa i propri sentimenti e se sono stato riconosciuti, state inviando il messaggio chiaro che le emozioni sono importanti per voi ed hanno valore. Riconoscere e nominare sentimenti è il primo passo per imparare a gestire la propria interiorità in maniera salutare ed accettabile nel tempo. 

4. Evitare di minimizzare o di allontanare i bambini dai loro sentimenti.
Questa è una reazione naturale. Noi vogliamo solo che i cattivi sentimenti vadano via, e spesso utilizziamo erroneamente frasi ed oggetti dei quali al bambino non importa minimamente, ma che lasciano inespresse tanto le emozioni quanto le sensazioni che prima o dopo, in un modo o nell’altro, riemergeranno nuovamente. 

5. Insegnare strumenti di coping
 

Se una bimba di due anni è arrabbiata perché è ora di tornare a casa, insegnatele a disegnare la rabbia con un pennarello rosso, in modo che possa esprimerla.
Per aiutare un bambino di diciotto mesi che si sente frustrato perché non riesce ad arrivare ad un gioco, trovate assieme al bambino la soluzione ed i vari modi per risolvere il problema. 

Consigli pratici per i genitori: Le reazioni emotive dei nostri figli innescano le “nostre” reazioni emotive, e questo può portarci ad agire in maniera istintiva, sentendo la necessità di “salvare” o “correggere” ciò che sta causando disagio nel nostro bimbo ed in noi.

Empatici si nasce o si diventa ? 

I genitori creano esperienze che influenzano la mente dei propri figli e che nella stessa misura cambiano anche se stessi. L’apprendimento avviene tramite l’osservazione dei comportamenti, spesso le parole non bastano, i bambini apprendono i nostri valori  vivendo  con noi, non semplicemente ascoltando ciò che diciamo . I bambini osservano le nostri espressioni e ripropongono tali modelli nel modo di essere al mondo. 

Se desiderate che i bambini crescano comprensivi e tolleranti , capaci di prendersi cura di se stessi e degli altri, bisogna favorire in loro lo sviluppo di empatia. 
Come possiamo raggiungere questo scopo? 
Le indicazioni tecniche possono essere utili ma non determinanti in questo campo, bisogna invece imparare modi diversi per stimolarli. Questi nascono dalla capacità di essere comprensivi e indulgenti verso se stessi. Un atteggiamento rassicurante è già un primo passo nel processo che porta i bambini a riconoscersi ed essere consapevoli. 

L’autoconsapevolezza adulta porta ad essere più responsabili nel agire educativo. 

Ma come la comprensione del proprio essere promuove l’empatia? Diverse teorie affermano che i genitori possono alimentare nei loro bambini la capacità di comprendere la propria vita interiore e quella altrui coinvolgendoli in giochi come ” far finta” , esprimere e denominare le emozioni e quale ruolo assumono sui comportamenti. Per capire l’altro o meglio detto ” metterci nei suoi panni” dobbiamo essere consapevoli delle nostre esperienze interne; se sappiamo muoverci nel nostro mondo interiore, possiamo anche immaginare quello degli altri. 

Questo aiuta il bambino a comprende i comportamenti delle persone e il modo in cui vivono sviluppando la capacità di capire le intenzioni degli altri e di conseguenza prendere decisioni , questo decisamente migliora la conoscenza personale.

Parlare ai bambini permette non sono di accompagnarlo nella scoperta di un mondo interiore , ma lo rende come abbiamo prima affermato,consapevole, quando le parole che gli poniamo dinnanzi diventano immagini la comunicazione diviene efficace. Diamo un nome alle emozioni offriamo ad esse senso e significato per riflettere sul nostro stato interiore e su quello altrui. 

Possiamo farlo ad esempio attraverso la lettura di una storia ,articolare il racconto parlando di quale sono i pensieri e i sentimenti dei personaggi coinvolti esplicitare le emozioni.Questo tipo di conversazione sviluppa un’immaginazione empatica. 

L’entrare in sintonia arricchisce la nostra vita e forse anche il mondo in cui viviamo.