Socievoli, come e quando? Socializzare senza pretese

La socializzazione umana è un processo di trasmissione culturale, un complesso meccanismo di codici che, proprio perché complesso, allo stesso modo può ritenersi delicatissimo.

Quante volte abbiamo potuto udire, rivolte ad un bambino, l’esortazioni:

“Gioca con Pierino, con Francesco, con Giacomino”

ripetute fino allo sfinimento, e con la stessa enfasi irriguardosa, udire ancora quelle altre, ma rivolte al genitore:

“Ha bisogno di stare con altri bambini. Sta troppo con gli adulti. Spediscilo a scuola”.

L’immancabile sentenza, che cala come una mannaia:

“Non sa socializzare con gli altri”.

Quante mamme allora si saranno chieste quale sia il momento giusto per farli socializzare.

È doveroso ricordare che nei primi anni di vita, la famiglia rappresenta l’unico ambiente che il bambino conosce realmente. Questo nucleo è per lui la prima forma di società con cui entra a stretto contatto e dove avviene la sua prima esperienza di socializzazione.
Un passaggio delicato, che a seconda di come noi adulti lo imbastiremo condizionerà il rapporto che il bambino avrà nei confronti del mondo e della vita.

Solo la mamma e il papà potranno contribuire a rendere il loro bambino sicuro e protetto, offrendo tutta l’attenzione dovuta fin dall’inizio.

La socializzazione è un processo spontaneo e come tale non c’è una data ben precisa in cui è doveroso giocare con gli altri. Ogni bambino poi, ha i suoi tempi, e creare pressioni può rischiare solo di ottenere l’effetto contrario.

-Rispetta sempre i suoi tempi e ricorda che ancora tra i 2 e i 3 anni, i bambini sono più legati al gioco con gli oggetti che al gioco con i coetanei. Stimolalo con attività che possano coinvolgere altri bambini, senza però forzarlo. Prediligi attività all’aria aperta, laddove l’incontro non sia condizionato bensì spontaneo-.

L’adulto può fare la propria parte costruendo le basi perché ciò avvenga, partendo anche dal gioco condiviso.

-Rispetta le sue regole e alterna le tue. In questo modo il tuo bambino, egocentrico per natura, si abituerà a mediare tra i diversi modi di stare insieme-.

Non ci si deve preoccupare se a due o tre anni, appunto, un bimbo non cooperi ancora, poiché a questa età è difficile che si instauri un meccanismo di gioco comune.

L’interazione nel gioco va favorita, certamente, ma l’adulto non imponga la socializzazione contro ogni volontà.

Concludiamo allora ammettendo che la pretesa, del dover a tutti i costi aver a che fare con Giacomino, se non si è pronti ad affrontarla, è una scorrettezza bella e buona.

“Perché l’olio è verde?”

Questa, e infinite altre domande, infiniti e altri “perché”, rappresentano l’espressione

verbale a quella fase di sviluppo cognitivo nella quale emergono curiosità e interrogativi. Inizia, indicativamente, attorno ai due o tre anni, per divenire col tempo un fiume in piena di quesiti ai quali non sempre siamo in grado, noi genitori, di trovare risposta.

Il primo “perché” del mio bambino interessò il colore verde dell’olio. Un interrogativo che parve ammettere una facile replica, ma così non fu.

Ancora attorno ai cinque anni, nei bambini, spiegazioni razionali o intellettuali non sono di facile comprensione, e la regola della logica o della ragione è spesso insoddisfacente.

Seguono, dunque, fiumi di “perché”, fino a quando il bambino non avrà soddisfatto la propria curiosità, o riterrà adeguata una fra le molte risposte. Ecco che il genitore, o l’adulto in genere, abbisogna di quella chiarezza semplificativa che lo avvicini al bambino, restituendogli, ad esempio, un ulteriore quesito che lo aiuti ad attivare e accrescere la propria capacità di ragionamento.

“Perché l’olio è verde?”

“Tu sai da cosa è fatto l’olio?”

“Da cosa è fatto?”

“Da una spremuta di olive. E di che colore sono le olive?”

“VERDI!”

“Ecco; l’olio è verde perché è fatto con le olive.”

…. … “Perché le olive sono verdi?”. …

Il tuo bimbo ha già iniziato la fase dei “perché”? Qual è stato il “perché” più curioso? Scrivilo qui sui commenti.

Di Marianna Guerrazzi

La creatività non ha margini.

Oggi, dopo che Hervé Tullet, l’artista autore e illustratore di letteratura per bambini francese, con il suo appello a voler fare delle nostre case delle gallerie d’arte con i lavori dei bambini, per stimolarne la creatività in maniera sana e rispettosa, mi sono chiesta (ancora una volta) dove stia andando la nostra scuola, e nello specifico quella dei più piccoli.

Osservo, e ascolto, che alla scuola dell’infanzia come al nido, è demandato il compito di proporre e somministrare ai bambini schede precostituite, da colorare entro margini che appaiono come confini. Confini che non contemplano le spontaneità, le creatività, le libere espressioni, le fantasie di quella complessa arte che è l’essere bambini.

Quello che occorre ad un bambino è l’esperienza viva.

Chiediamoci dunque cosa possa provare un bambino posto difronte a una scheda che tutto contempla, meno sé stesso e ogni altro suo sentire.

Immagino dell’avvilimento, della costrizione se, e sopratutto quando, le consegne rappresentate sono estremamente rigide, gli oggetti poco comuni o mai esplorati. Meglio sarebbe condurli in giardino, fotografare con gli occhi un cesto di castagne dopo averle raccolte, provare a sentire che effetto fa un riccio toccandolo con la propria manina; sviluppare e mettere in ordine, restituendone la consequenzialità del tempo che scorre, dunque della stagione che passa e dopo, solo dopo, chiedere a questi piccoli esploratori di farsi artisti, mettere in arte le proprie scoperte, liberamente.

A chi e a che cosa serva il “margine”, non è certo abilità rivolta al bambino o all’arte nel bambino.

Il “margine”, il “confine” alimenta il genitore ed il seme della competitività, dell’idea erronea che il non trasbordare oltre rappresenti una competenza da restituire al bambino in sorrisi ed esclamazioni di compiacimento. Ma la verità è che forse non serve a nessuno.

La prescolarizzazione, se precoce o forzata, non è mai un bene.

Il bambino ha dalla sua parte il tempo. Ecco che vivere, fare esperienza attraverso sé stesso, senza risparmiarsi, fuori da percorsi battuti, da margini e confini, rappresenta ancora l’essenza dell’essere.

Tullet dice ancora che il diritto ad annoiarsi, ad arrovellare i pollici, è un sano momento dopo il quale ripartire e scoprire il mondo.

Lasciamo dunque che i bambini siano liberi di esplorare una formica, perché è da quella che impareranno la laboriosità, il percorso, il margine, e non da una scheda inanimata che regala a noi adulti attimi di silenzio irreali.

La routine, perché è importante oggi mantenere dei rituali con il tuo bambino.

Oggi che le giornate delle famiglie sono state radicalmente trasformate, più che mai è importante mantenere una routine con il proprio bambino; questo lo aiuterà a scandire lo scorrere del tempo, a possedere una sorta di bussola vitale per la sua serenità. Generalmente, la routine calma il sistema nervoso e favorisce uno stato d’animo tranquillo. La scansione dei tempi e l’organizzazione permette di orientarsi all’interno di queste lunghe giornate che spesso, anche in noi adulti, sembrano dilatarsi in vuoti incolmabili.

Mantenere o creare oggi dei rituali nei vari momenti quotidiani permette di offrire ai bambini dei riferimenti che gli consentiranno di prevedere con certezza cosa sta per accadere, offrendo un senso di sicurezza e controllo sulla realtà circostante, evitando, attraverso l’anticipazione, reazioni che vengono interpretate altrimenti come “capricci”.

Per il bambino, sapere che al risveglio si possa fare finalmente colazione tutti assieme e poi lavarci e vestirci, oggi più di ieri, è una opportunità di crescita interiore e familiare.

Non lasciamoli dunque in pigiama, ma prepariamoli a vivere una nuova, lunga giornata dignitosamente.

Ancora, nell’ora del pranzo, possiamo apparecchiare, collaborare, dare e ricevere consigli; come alla sera, un momento prima di andare a dormire, organizzare uno spazio lettura fatto di luci basse e soffuse, di libri e coccole.

Sono solo piccoli esempi che aiutano a comprendere il valore del tempo e l’opportunità del momento.

Ogni famiglia adotterà le proprie routine in base alle proprie esigenze, certo, non confondendo però le routine con il concetto errato di “tabella di marcia”.

Per il bambino sarà rassicurante seguire le routine quotidiane come per noi sarà importante cinturare e scandire il tempo che passa attraverso l’orologio.

IN CONCLUSIONE

Instaurare delle routine con il tuo bambino è importante per svariate ragioni:

• Aiuta il bambino a capire cosa sta per accadere nei vari momenti della giornata, senza alterare l’ordine del tempo che oggi stando a casa è molto più dilatato.

• Genera sicurezza interiore.

• Aiutano il bambino ad orientarsi.

• Quando torneremo (spero presto) alla normalità, il bambino sarà consapevole che la routine resterà la sua certezza quotidiana.

Facciamo finta che.. perché il gioco simbolico è importante

Attorno al primo anno di vita e per tutta l’età prescolare il gioco dei bambini diventa simbolico. Si caratterizza, insomma, per una sorta di rappresentazione fantasiosa della realtà attraverso la quale il bimbo struttura il proprio sviluppo cognitivo, sociale e affettivo.

Quando il bambino prende atto delle sue competenze e acquisisce confidenza con il movimento e con il linguaggio, adotta un comportamento ludico caratterizzato dalla finzione, dall’interpretazione, dall’assunzione di ruoli. Verso i 24 e i 30 mesi, capita di vedere bambini sotto ai 18 mesi già pronti per giochi simbolici, il gioco simbolico diventa lo strumento conoscitivo ed espressivo attraverso il quale il piccolo cresce sia dal punto di vista cognitivo, sia per quanto riguarda la sfera sociale, sia per ciò che concerne l’aspetto affettivo.

Fanno parte di questa categoria tutti i giochi di ruolo:

Il far finta di…le bambole, i peluche, i burattini, i pupazzi…i giochi che riproducono il mondo di chi si prende cura di loro.

Quali attività

⁃ Giocare a cucinare

⁃ Giocare a far la spesa

⁃ Giocare al pic nic

Crescendo il bambino affina la sua esperienza del mondo, il gioco simbolico diventa più complesso e assume nuovi significati che vanno ben oltre la semplice imitazione del comportamento degli adulti.

Come organizziamo la cameretta

Guardiamo assieme come preparare al meglio l’universo del neonato.

Ancora prima del suo arrivo organizzate un ambiente armonioso che lo aiuti e lo incoraggi alla sua autonomia, dove sarà libero di sperimentare nuove sensazioni.

L’ideale sarebbe mantenere la stessa sistemazione per tutto il primo anno.

Create un’atmosfera calma e rilassante scegliendo pareti a tinta unita con colori neutri e chiari.

L’ideale è che la stanza sia suddivisa in quattro spazi distinti:

⁃ sonno

⁃ cambio

⁃ pappa

⁃ attività

Lo spazio per il sonno

La prima cosa che dovremmo chiederci è: cosa vedrà al risveglio? Dare al bambino una visione globale della sua stanza gli permette di costruire uno spazio mentale di quell’ambiente. Per aiutarlo a sincronizzare sonno diurno e notturno, di giorni potrebbe dormire con una luce smorzata e di notte in una stanza oscurata. Il lettino posizionato dove la luce restituisca la giusta armonia, un letto basso e senza sbarre ideale per favorire l’autonomia.

Lo spazio per cambiarlo

Il mobile con cassetti è l’ideale per cambiare un bambino perché permette di avere sotto mano tutto l’occorrente, sul ripiano si potrebbe mettere un materassino per cambiarlo, nel comó andranno riposti pannolini, creme e garze di cotone, e dei vestiti adatti alla stagione.

Lo spazio per la pappa

Per nutrirlo importante scegliere una poltrona comoda, dei cuscini per sostenere la schiena , alla parete quadri con fotografie di elementi naturali che il bambino potrà osservare, una mensola con qualche libro da leggere sin dai primi giorni che andranno cambiati periodicamente.

Spazio per le attività

Favoriamo la sua autonomia, cerchiamo di lasciargli dei momenti di veglia in cui possa guardarsi intorno da solo.

Nei primi mesi si potrà riporre per terra un materassino dove svolgere le attività ;

⁃ uno specchio

⁃ Un ripiano basso per i cestini con oggetti da osservare, afferrare, maneggiare

⁃ quadri con, per esempio, delle opere d’arte.

“Ed eccolo giunto a noi, esausto dal terribile contrasto fra il perfetto riposo e l’inenarrabile sforzo testé compiuto…”

Maria Montessori , il bambino in famiglia.

Cos’è la Learning Tower

Ultimamente si sente spesso parlare della Learning Tower, cioè la torre dell’apprendimento L’argomento mi ha molto incuriosita ed ho voluto approfondire.

La Learning Tower , cos’é?

Potremmo definirla una scaletta con pedana per raggiungere la cima ed evitare cadute. Di per se è un elemento molto semplice ma utile per rendere i bimbi indipendenti. Il suo scopo è poter permettere ai più piccoli, la possibilità di raggiungere anche i mobili più alti, a volte inaccessibili.

Inoltre é il supporto giusto per rendere i bambini il più possibile autonomi. Potranno lavarsi le mani da soli nel lavandino e potranno aiutare la mamma a preparare la cena, molto utilizzata per coinvolgere i bambini nelle attività di cucina, diventerà un piacere preparare la cena o tanti dolci.

Perché utilizzarla ?

• è un modo sicuro per dare la possibilità ai nostri piccoli bambini di stare alla nostra altezza.

• Con la Learning Tower hanno modo di accedere agli scaffali più alti e soddisfare la voglia di arrampicarsi, una delle cose più attraenti per un bimbo alla scoperta delle sue potenzialità motorie.

• la Learning Tower è facilmente accessibile e soprattutto gli regala un solido equilibrio che con una sedia normale o uno sgabello non è neanche lontanamente immaginabile.

• vederli salire e scendere in maniera del tutto autonoma, regala loro un’autostima e una consapevolezza maggiore dei propri mezzi, in una fase della loro vita in cui sono perennemente alla scoperta di cose nuove.

A che età si usa una Learning Tower?

Una Learning Tower si inizia ad usare nella fase successiva ai primi passi quando il bambino ha una sua stabilità e inizia ad arrampicarsi. Il metro di misura? una volta che il bambino riuscirà con successo nella scalata del divano di lì a poco sarà pronto per approcciare alla Learning Tower, più o meno dei 18 mesi di età .

E sarà un oggetto che potranno utilizzare a lungo fino ai 6 anni.

Alcuni modelli

Learning Tower