La creatività non ha margini.

Oggi, dopo che Hervé Tullet, l’artista autore e illustratore di letteratura per bambini francese, con il suo appello a voler fare delle nostre case delle gallerie d’arte con i lavori dei bambini, per stimolarne la creatività in maniera sana e rispettosa, mi sono chiesta (ancora una volta) dove stia andando la nostra scuola, e nello specifico quella dei più piccoli.

Osservo, e ascolto, che alla scuola dell’infanzia come al nido, è demandato il compito di proporre e somministrare ai bambini schede precostituite, da colorare entro margini che appaiono come confini. Confini che non contemplano le spontaneità, le creatività, le libere espressioni, le fantasie di quella complessa arte che è l’essere bambini.

Quello che occorre ad un bambino è l’esperienza viva.

Chiediamoci dunque cosa possa provare un bambino posto difronte a una scheda che tutto contempla, meno sé stesso e ogni altro suo sentire.

Immagino dell’avvilimento, della costrizione se, e sopratutto quando, le consegne rappresentate sono estremamente rigide, gli oggetti poco comuni o mai esplorati. Meglio sarebbe condurli in giardino, fotografare con gli occhi un cesto di castagne dopo averle raccolte, provare a sentire che effetto fa un riccio toccandolo con la propria manina; sviluppare e mettere in ordine, restituendone la consequenzialità del tempo che scorre, dunque della stagione che passa e dopo, solo dopo, chiedere a questi piccoli esploratori di farsi artisti, mettere in arte le proprie scoperte, liberamente.

A chi e a che cosa serva il “margine”, non è certo abilità rivolta al bambino o all’arte nel bambino.

Il “margine”, il “confine” alimenta il genitore ed il seme della competitività, dell’idea erronea che il non trasbordare oltre rappresenti una competenza da restituire al bambino in sorrisi ed esclamazioni di compiacimento. Ma la verità è che forse non serve a nessuno.

La prescolarizzazione, se precoce o forzata, non è mai un bene.

Il bambino ha dalla sua parte il tempo. Ecco che vivere, fare esperienza attraverso sé stesso, senza risparmiarsi, fuori da percorsi battuti, da margini e confini, rappresenta ancora l’essenza dell’essere.

Tullet dice ancora che il diritto ad annoiarsi, ad arrovellare i pollici, è un sano momento dopo il quale ripartire e scoprire il mondo.

Lasciamo dunque che i bambini siano liberi di esplorare una formica, perché è da quella che impareranno la laboriosità, il percorso, il margine, e non da una scheda inanimata che regala a noi adulti attimi di silenzio irreali.