Da un bisogno naturale a vera e propria corrente di pensiero; da umile corredo a rinomata opera d’arte. Nel corso della nostra storia di madri, il “portare” su di sé il proprio bambino grazie all’ausilio di supporti, ha assunto connotati diversi in base alle ere che si sono avvicendate, alle diverse regioni geografiche, e per certi aspetti, al ceto sociale d’appartenenza.
Come molte altre specie di esseri viventi con prole però, ciò che è rimasto immutato è il bisogno primario di contatto madre-figlio.
Oggi su suggerimento di Silvia, voglio sottoporre a voi lettori una domanda: cosa conosciamo davvero del “portare” e cosa ci spinge a intraprendere questa strada a ritroso in un’epoca votata all’high-technology.
Da rudimentali supporti in corteccia d’albero, fibre intrecciate, morbide semplici stoffe, elaborate sete cinesi per i preziosi MeiTai, la parola d’ordine era ed è “praticità”. Ciò che sappiamo in più oltre l’evidente, è il soddisfacimento di quel bisogno fondamentale di contatto che dicevamo, e che regala sicurezza al bambino ed alla madre, perpetuando le condizioni gestatorie dei loro primi mesi insieme, come la nostra Silvia che ha voluto condividere con noi della Cicogna la sua testimonianza, ovvero la scelta legata al bisogno di restituire ai suoi piccoli quel contatto interrotto, ristabilendolo attraverso il “portare”.
Silvia è madre di due gemelli nati prematuramente che il tanto amore di mamma ed una soffice fascia hanno saputo colmare dalla precoce venuta al mondo.
“Samuel e Nicoló, due guerrieri nati di trentacinque settimane più uno; troppo presto e troppo piccoli; ventotto giorni di terapia intensiva lontani dalla mamma e dal papà. Nessun animale, in natura, farebbe dormire i propri cuccioli lontano da sè. Ventotto giorni in incubatrici e letti separati dopo tutta una vita nella stessa pancia, così all’improvviso. Tornati a casa, avevamo bisogno di riprenderci quello spazio e quel tempo mancato. La fascia li ha rimessi insieme. Addosso alla mamma ed al papà. Stretti, contenuti, nello stesso odore e nello stesso corpo.
E ancora oggi per coccola e per necessità, si sale addosso alla mamma, che li porta sulla sua schiena e sul suo cuore fin quando lo vorranno”.