Un viaggio lungo nove mesi e non …

Meditiamo

Affrontare un tema complesso come quello della genitorialità necessita uno studio talmente minuzioso ed esteso che non basterebbe una vita intera per venirne veramente a capo. L’apparenza spesso inganna e l’idea semplice che da che mondo e mondo figli nascano in numero di miliardi e di generazione in generazione senza sforzo alcuno, non farebbe pensare il contrario. Così non è (almeno nella misura che qui si vuole intendere) perché se da una parte la procreazione è un meccanico sistema naturale che garantisce la presenza dell’uomo sul pianeta, in un equilibrio collaudato da sempre, dall’altro essere genitori possiede una sua componente snaturante, la dove per snaturante intenderemo lo sconvolgimento della sfera di identificazione di sé nel molteplice aspetto psicologico e sociale.

Per capire meglio di cosa tratteremo via via che questo blog vedrà la luce, partirò dalla donna quale individuo determinato e completo per giungere alla donna madre; dall’uomo quale individuo a sé bastante, all’uomo divenuto ora  padre, per chiudere con quella che sarà definita la coppia “genitoriale” .

Autorevoli figure che si occuparono di tale argomento prima, definirono la gravidanza come un evento di natura psicosomatica che dunque abbraccerebbe sia la sfera fisiologica che quella psicologica dei soggetti, ora madre, ora padre.

Una donna incinta subisce una modifica del proprio corpo sin dai primi attimi al concepimento, indipendentemente dalla consapevolezza del proprio stato; ma sarà solo successivamente all’acquisizione di tale consapevolezza che inizierà ad avere un ruolo determinante la mente coinvolta, in un giocoforza stavolta predominante.

Ma di cosa stiamo parlando?

La donna incinta è coinvolta in prima persona in quello che è conosciuto come processo di separazione ed individuazione di sé dalla figura primaria (che fu ed è ancora in quel momento la propria madre) ed il feto, nuova proiezione di sé.

Nei nove mesi di gestazione le donne assumono il duplice ruolo di figlie e madri al contempo.

Donne che mai prima d’allora posero in discussione il posto occupato nell’ordine delle cose affronteranno sotto l’aspetto psicologico le paure legate all’abbandono da una parte e quelle giudicanti che la porranno a chiedersi se mai sarà una buona madre, dell’essere all’altezza delle aspettative richieste da questo suo nuovo status.

Dunque la maternità diviene, come afferma qualcuno, non solo una semplicistica spinta biologica, ma un’identificazione essenzialmente femminile quanto sociale .

Già col gioco le bambine gettano le basi per quello che sarà il ruolo di madre che le vedrà coinvolte in futuro. Esse imparano a pensarsi come madri, a muoversi come madri, ad aver cura di un figlio che, per quanto possa dirsi una fantasticheria ancora, porta in sé l’immagine socioculturale di madre premurosa quanto efficiente che dovrà quanto prima vivere e non più interpretare.

È solo l’inizio di quel lungo processo anticipato prima che rende l’idea di quanto affascinante e duro sia il divenire genitori.